Alimentazione: nessun miglioramento
Il rapporto della FAO lo conferma
Di Marco Fantoni
Le cifre purtroppo non lasciano dubbi; 826 milioni d’abitanti sul nostro pianeta non hanno cibo a sufficienza. Di questi, 792 milioni nei Paesi in via di sviluppo e 34 milioni nelle nazioni industrializzate e nei Paesi in transizione. Sono i dati principali che emergono dal rapporto 2000 della FAO, “Lo stato dell’insicurezza alimentare nel mondo”.
La stessa FAO, l’Agenzia delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, sottolinea come non c’è stato nessun cambiamento rispetto al precedente rapporto. “Un triste segno dell’incapacità del mondo nell’intervenire in modo adeguato in un’epoca di prosperità senza precedenti” è il commento dei redattori. Aggiungiamo noi che oltre all’incapacità, c’è senz’altro anche una mancanza di volontà politica ad intervenire là dove è possibile.
Abbiamo paesi con grandi potenziali, con risorse naturali da poter nutrire come minimo i propri abitanti, ma questo non succede. Vediamo terreni incolti e non ne comprendiamo il motivo, poi, magari, lo stesso paese importa dall’estero beni che potrebbe produrre in patria o materie prime che potrebbe estrarre dal proprio suolo. Se andassimo a scavare, a verificare i motivi del perché questo succede, a patto che lo si possa fare, potremmo scopertine/coprire che interessi economici domestici e soprattutto tra nazioni ne sono le cause. Sapere poi il perché un governo non investe sul proprio territorio è anche un affare politico oltre che di bilancio statale. Potrebbe sembrare dunque una situazione senza via d’uscita.
La FAO identifica in cinque gruppi i livelli di penuria alimentare sul nostro pianeta. Il gruppo più colpito è composto da 18 paesi dell’Africa, come pure dall’Afganistan, dal Bangladesh, da Haiti, dalla Repubblica democratica di Corea e dalla Mongolia. I maggiori motivi per cui queste nazioni si trovano in difficoltà sono da collegarsi ad instabilità e conflitti, scarsità di conduzione a livello politico, problemi causati da situazioni meteorologiche, dalla povertà, da risultati negativi in campo agricolo, dalla pressione demografica e dalla fragilità dell’ecosistema. La FAO ritiene opportuno che, per questi paesi, sia più realistico pensare ad una diminuzione graduale della fame che ad un’eliminazione immediata. Rispetto a queste nazioni, ne troviamo altre 52 che hanno una minima situazione di penuria alimentare. Sono composti dai paesi industrializzati, da 11 paesi in transizione e 15 paesi in via di sviluppo con introiti relativamente elevati.
Segni di speranza
Due paesi africani, il Gana e la Nigeria per contro hanno avuto uno sviluppo positivo nella lotta alla fame e questo dalla fine degli anni settanta, grazie all’impiego di prodotti a base di manioca. Di questa situazione hanno potuto beneficiare soprattutto i poveri e le persone sofferenti di malnutrizione. La manioca è infatti una pianta che si adatta a terreni difficili, secchi e può essere coltivata dove altre colture non lo permettono. Le radici sono ricche di vitamina A e C, come pure di ferro, calcio e proteine. Dunque dal 1980 questi due paesi hanno conosciuto un’esplosione della produzione e dell’offerta di manioca, in gran parte grazie alla ricerca che ha permesso d’introdurre nuove varietà ad alto rendimento, resistenti alle malattie. Queste nuove varietà, associate a misure e investimenti a favore dei coltivatori di manioca, si sono rivelate estremamente efficaci nella lotta contro la fame.
La manioca
Vaste regioni dell’Africa centrale e australe si sono adattate alla cultura della manioca, come in certe zone dell’America latina e dell’Asia. È inoltre stata elaborata, a livello mondiale, una strategia per la promozione della manioca quale importante alimento di base e risorsa per i produttori.
Nonostante questi segnali positivi, la FAO ritiene troppo lento il progresso verso la sradicazione della fame. Il numero di persone sottoalimentate è praticamente rimasto invariato rispetto al precedente rapporto.
Anche per questo è stato convocato per il prossimo mese di novembre, in occasione della Conferenza generale della FAO, un incontro dal titolo “Vertice mondiale dell’alimentazione: cinque anni dopo”.
Cinque anni di lavoro
Questo, come è stato indicato dal direttore generale dell’agenzia Jacques Diouf, per verificare i progressi riferiti all’applicazione delle raccomandazioni e del piano d’Azione del Vertice mondiale dell’alimentazione tenutosi a Roma nel 1996. In modo particolare la riduzione della metà, entro il 2015, del numero di persone sofferenti la fame nel mondo.
A Roma, i diversi Capi di Stato e di Governi avevano proclamato la loro volontà politica ed il loro impegno comune per raggiungere la sicurezza alimentare per tutti e ad adoperarsi per uno sforzo costante, alfine di sradicare la fame in tutti i paesi. Consideravano, infatti, intollerabile che più di 800 milioni di persone nel mondo, ed in modo particolare nei Paesi in via di sviluppo, non possano avere il nutrimento sufficiente ai loro bisogni nutrizionali essenziali. Situazione questa ritenuta inaccettabile. La democrazia, la promozione e la protezione di tutti i diritti dell’essere umano e delle sue libertà fondamentali, compreso il diritto allo sviluppo, sono stati fattori considerati essenziali per raggiungere la sicurezza alimentare duratura per tutti.
Per il futuro: maggiore impegno
L’impegno richiesto ai responsabili delle nazioni, ma non solo, è alto, permeato di ideali e motivazioni che non sempre si riscontrano nelle scelte dei rappresentati della popolazione in situazioni concrete. Pensiamo ad esempio al mantenimento “sotto tutela” della grandi potenze rispetto a paesi in difficoltà ma con potenzialità di materie prime non indifferenti (es. Sierra Leone, R.D. del Congo) che potrebbero, con governi sani, camminare regolarmente con le proprie gambe, ma per interessi di campo non riescono. Ed è allora anche con la presa di coscienza di ognuno che queste situazioni possono e debbono cambiare. Per quanto riguarda la FAO attenderemo il primo riscontro proprio dall’incontro del prossimo mese di novembre.